Vol. 34 N. 3 Dicembre 2014


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EPILESSIA E DISTURBI PSICOPATOLOGICI: UNO STUDIO MEDIANTE LA CBCL
E. Carlotta Salmin, M. Chiappedi, S. Donetti Dontin, U. Balottin, P. Veggiotti, A. Picardi
Introduzione. I bambini affetti da epilessia sono sempre stati considerati sog- getti a rischio dal punto di vista psicopatologico, sia per quanto riguarda disturbi di tipo esternalizzante che internalizzante. Tuttavia non è chiaro se questa proble- matica sia legata alla patologia in sé, o sia invece la presenza di altre comorbilità a influire sul funzionamento psicologico dei pazienti. Metodi. Sono stati studiati 100 pazienti affetti da epilessia (età: 6-18 anni; M:F = 1:1), afferiti consecutivamente all’Istituto Neurologico C. Mondino. Lo stru- mento scelto per la valutazione del profilo emotivo-comportamentale è la CBCL 6-18. Sono state raccolte inoltre alcune variabili socio-demografiche e cliniche, mediante una scheda standardizzata. Risultati. I soggetti affetti da epilessia in età pediatrica non mostrano una costante presenza di psicopatologia per quanto rilevabile dai questionari CBCL compilati dai genitori. Le problematiche psicopatologiche che emergono sembrano essenzialmente correlate ad aspetti clinici eventualmente associati all’epilessia (ad es. disabilità intellettiva o motoria). Discussione. Pur necessitando di verifica in gruppi più numerosi, i dati sembra- no dimostrare come la presenza di aspetti psicopatologici nei soggetti con epiles- sia sia da collegarsi alla eventuale encefalopatia o a fattori estranei all’epilessia.
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Caratteristiche motorie in bambini con Disturbo della Coordinazione Motoria e con Disturbo Specifico di Apprendimento: uno studio pilota
B. Caravale, S. Baldi, R. Penge, R. Averna, M. Nunzi
Premessa. Diversi studi hanno mostrato una stretta associazione tra disturbi motori e difficoltà di apprendimento e recentemente sono stati descritti anche problemi motori e alterazioni del tono muscolare e difficoltà di equilibrio in bambini dislessici. Obiettivi. Lo scopo principale di questo studio è quello di esaminare le ca- ratteristiche motorie in tre popolazioni: bambini con diagnosi di disturbo della coordinazione motoria (DCD), di disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) e bambini con sviluppo tipico (ST). Metodi. Hanno partecipato allo studio 58 bambini suddivisi in 3 gruppi: 18 DCD, 22 DSA e 18 ST. Per la valutazione degli aspetti motori è stato utilizzato il Developmental Coordination Disorder Questionnaire (DCD-Q). Risultati. L’analisi dei dati (ANOVA) mostra differenze significative tra i tre gruppi nel punteggio totale del DCD-Q. Il gruppo DCD ottiene punteggi significa- tivamente inferiori rispetto al gruppo ST. I DSA ottengono punteggi simili ai DCD nell’area “Motricità fine e scrittura” e nell’area di “Coordinazione generale”, mentre non differiscono dal gruppo ST nell’area del “Controllo del movimento”. Conclusioni. I risultati suggeriscono che, nonostante i bambini con DCD mostrino uno sviluppo motorio maggiormente compromesso rispetto agli altri due gruppi, tuttavia in alcune aree motorie anche i bambini con DSA evidenziano delle difficoltà.
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Disturbo da Sintomi Somatici e disturbi correlati: considerazioni su una nuova categoria del DSM-5
M. Chiappedi, M.M. Mensi, M. Tantardini, U. Balottin
Il lavoro analizza la nuova categoria del DSM-5 denominata “Disturbo da Sintomi Somatici e disturbi correlati”. Oltre a una descrizione della categoria stessa, viene preso in esame il complesso dibattito emerso nella lettura scientifica relativamente a tale novità. Gli autori concludono che l’approccio integrato alla presa in carico del paziente sembra anche in questo settore presentare grandi vantaggi e oppor- tunità per la corretta diagnosi e per un trattamento adeguato.
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RICONOSCIMENTO DELLE PROPRIE EMOZIONI E ASPETTATIVE LEGATE AL BERE: QUALE RELAZIONE CON IL CONSUMO DI ALCOLICI IN ETÀ ADOLESCENZIALE?
M. Gatta, L. Svanellini, A. Seminati, M. Penzo, A. Spoto Andrea, P.A. Battistella
Premessa. Il fenomeno del consumo di alcol negli adolescenti in Italia è divenuto sempre più diffuso a partire da età anche molto precoci (primato negativo italiano in Europa) con conseguenze negativerilevanti per la salute neuropsichica. Obiettivi. Valutare l’eventuale associazione fra consumo alcolico, alessitimia e aspettative legate al bere relative all’affettività. Soggetti e metodi. È stato studiato un campione di 467 studenti frequentanti alcune scuole secondarie di II grado della provincia di Padova tramite somministra- zione di 3 questionari: il QASS (Questionario Adolescenti Sabato Sera), la TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale) e il DEQ (Drinking Expectancy Questionnaire). Risultati. Sono così sintetizzabili: – il consumo alcolico è maggiore nei maschi rispetto alle femmine. Per entrambi si registrano andamenti paralleli con picchi di consumo tra i 15 e i 17 anni; – il tasso di alessitimia varia in base all’età e al genere dei soggetti: le femmine mostrano un andamento più stabile nel tempo con picchi intorno ai 15 e ai 17 anni. Nei maschi invece, l’alessitimia decresce all’avanzare dell’età; – l’assunzione di alcol si associa a minori livelli di alessitimia e ad aspettative di incrementare le competenze comunicative.
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MALATTIE NEUROMETABOLICHE A ESORDIO INFANTILE ASSOCIATE A NEUROPATIA OTTICA
M. Mastrangelo, S. Bertino, C. Caputi, A.M. De Negri, F. Sadun, V. Leuzzi
Le neuropatie ottiche a esordio infantile, in soggetti affetti da malattie neurome- taboliche, sono spesso conseguenza di un processo neurodegenerativo che può essere espressione di una lesione primaria del nervo ottico o secondario a dege- nerazione retinica. Visto che una neuropatia ottica può essere la manifestazione di un ampio gruppo di patologie, il suo riscontro rende indispensabile un work-up diagnostico completo e multidisciplinare che orienti il clinico tra i differenti disordini neurometabolici. Le principali malattie neurometaboliche in cui può essere presente una neuropatia ottica possono essere classificate in tre gruppi in base all’età in cui si rende clinicamente evidente il coinvolgimento del nervo ottico: a) forme a esordio nei primi 3 anni di vita; b) forme a esordio tra i 3 e i 10 anni di vita; c) forme a esordio tra i 10 e 16 anni di vita. In questa revisione focalizzeremo l’attenzione sulle caratteristiche cliniche di ciascuna di queste patologie e sui termini di coinvolgimento del nervo ottico e di altre manifestazioni oculari.
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IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ (ADHD): ESPERIENZA IN UNA U.S.L. TERRITORIALE DEL CENTRO DI RIFERIMENTO DELLA REGIONE UMBRIA
G. Mazzotta, M. Cannarozzo, M. Allegretti
L’ADHD è una sindrome cognitivo-comportamentale frequente e determinante un for- te impatto sulla qualità della vita dei giovani affetti e delle loro famiglie; inoltre, rap- presenta una condizione a elevato impatto sociale in termini di costi. L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di descrivere i dati epidemiologici dei pazienti afferiti al centro di riferimento per l’ADHD della regione Umbria nel periodo di attività compreso fra settembre 2007 e dicembre 2012. 103 pazienti (60,95%) hanno effettuato una terapia multimodale senza l’assunzione del farmaco, mentre 66 (39,05%) hanno effettuato una terapia multimodale abbinata all’assunzione di un farmaco psicostimolante (24 atomoxetina, 39 metilfenidato; 3 pazienti hanno effettuato uno switch farmacologico). Nessuno dei pazienti che hanno interrotto il trattamento ha sospeso per insorgenza di effetti avversi. È stata effettuata una valutazione del miglioramento clinico in un sottogruppo di 30 pazienti in trattamento farmacologico tramite la Children Global Assessment scale (C-GAS) e la Clinical Global Impression severity scale (CGI-S), rilevando i punteggi a ogni visita di controllo ed effettuando analisi statistica con ANOVA per misure ripetute, test t di Bonferroni e test T di Holme. In entrambi i gruppi di trattamento è stata registrato un miglioramento dei punteggi alla C-GAS e alla CGI-S (P minore di 0,05).
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IL METODO DELLA RESISTENZA ALL’INTERVENTO PER LA PREVENZIONE DELLE DIFFICOLTÀ SCOLASTICHE E L’INDIVIDUAZIONE PRECOCE DEI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO: UNO STUDIO PILOTA
C. Melon, I. Lonciari, E. Bortolotti, E. Flaugnacco, L. Monasta, M. Montico, L. Ronfani, M. Carrozzi
Per identificare tempestivamente il rischio di disturbo specifico di apprendimento (DSA) e per affrontare le difficoltà scolastiche, nella letteratura internazionale è stata dimostrata l’efficacia del modello della resistenza all’intervento (Modello RI). I DSA vengono individuati perché resistenti agli interventi di potenziamento dei prerequisiti scolastici messi in atto all’interno della scuola dagli insegnanti e strutturati su 3 livelli di intensità crescente. Le difficoltà scolastiche possono risol- versi più o meno rapidamente mentre la resistenza all’intervento diventa l’indica- tore di un possibile rischio per un DSA meritevole di un approfondimento clinico. Obiettivo. L’obiettivo è di verificare per la prima volta nella realtà scolastica italiana, l’efficacia del modello RI rivolto a bambini in età prescolare. Metodi. Sono stati reclutati, con un codificato screening computerizzato che valuta i prerequisiti all’apprendimento, 210 bambini dell’ultimo anno di alcune scuole dell’in- fanzia di una città del nordest dell’Italia. Tutti i livelli di potenziamento sono stati gestiti dagli insegnanti: i primi due sono stati attuati all’interno della scuola dell’infanzia. Per i resistenti, il 3° livello è stato attuato durante il 1° anno della scuola primaria. Risultati. 58 bambini (27,62%) del campione totale presentava difficoltà nei prerequisiti. Dopo i due livelli di potenziamento, solo 16 (7,6%) sono risultati resistenti. Questi sono stati sottoposti a un intervento di didattica personalizzato durante il 1° anno della scuola primaria. 10 bambini sono poi stati rivalutati e solo 1 è risultato a rischio per DSA. Conclusioni. Il metodo RI si è rivelato efficace nel migliorare i prerequisiti all’apprendimento permettendo agli insegnanti di gestire direttamente le attività formative. Questo approccio può migliorare l’efficacia del processo diagnostico dei DSA, individuando tempestivamente i soggetti veramente a rischio per DSA che dovrebbero essere inviati alla valutazione clinica.
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Chi, perché e in che modo si rivolge ai servizi di neuropsichiatria infantile?
L. Pedrini, D. Sisti, A. Tiberti, A. Preti, M. Fabiani, L. Ferraresi, S. Palazzi, R. Parisi, C. Ricciutello, M.B.L. Rocchi, G. Sartorio, A. Squarcia, S. Trebbi, A. Tullini, G. de Girolamo, per il gruppo PREMIA
Premessa. Comprendere chi e in che modo prende contatto con le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile (UONPIA) costituisce un importante passaggio per delineare strategie volte a contrastare il treatment gap, rappresentato dal divario tra bisogni di cura e reale accesso ai trattamenti. Questo lavoro descrive ed analizza un ampio campione di utenti delle UONPIA allo scopo di identificare i percorsi assistenziali di questi pazienti e delle loro famiglie, comparare i loro profili clinici e di funzionamento psicosociale e valutare la gravità dei casi in trattamento. Metodi. 710 pazienti consecutivamente afferenti ai servizi ambulatoriali delle UONPIA della Regione Emilia-Romagna e di Brescia sono stati valutati tramite una ‘Scheda Pa- ziente” e con strumenti standardizzati di assessment (CBCL, CGAS, HoNOSCA e CGI). Risultati. L’età media dei pazienti è 11 anni. La maggior parte del campione vive con i genitori biologici; solo il 20% proviene da una famiglia con struttura non tradizionale (adottiva, affidataria o monoparentale). Si osservano livelli di gravità clinica e compromissione del funzionamento significativamente diversi tra i principali gruppi diagnostici; i problemi scolastici rappresentano il più frequente motivo di richiesta di consulto. Quasi la metà degli utenti (43%) ha già ricevuto un trattamento prima dell’accesso iniziale ai servizi perlopiù da parte del pediatra o medico di medicina generale. La maggior parte dei genitori dichiara di essere stata inviata alla UONPIA da altri professionisti (80%), mentre il 17% dei genitori richiede un consulto di propria iniziativa. Una elevata scolarità della madre risulta associata al contatto senza invio da parte di altri servizi o professionisti. Conclusione. I problemi scolastici risultano essere un importante antecedente della richiesta di consultazione nelle UONPIA. I bambini e gli adolescenti che pre- sentano problemi scolastici dovrebbero ricevere un esame attento già nell’ambito della scuola stessa. Interventi educativi rivolti a genitori ed insegnanti potrebbero migliorare le loro conoscenze circa i disturbi con insorgenza in età evolutiva, e quindi favorire un tempestivo avvio alle cure specialistiche.
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