Vol. 33 N. 2 Agosto 2013

[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=”Per visualizzare la rivista completa è necessario essere in regola con la quota associativa e accedere all’area soci.“]
[/wppb-restrict]

 

L’APPRENDIMENTO DI ATTIVITÀ NUOVE IN BAMBINI AFFETTI DA DISTURBO GENERALIZZATO DELLO SVILUPPO: TERAPIA PSICOMOTORIA E INTERVENTO PSICOEDUCATIVO A CONFRONTO
M. Gatta, D. Avon, E. Canetta, L. Bianchin, P.A. Battistella
Scopo. L’obiettivo di questo lavoro consiste nella valutazione dell’apprendimento di attività nuove da parte di bambini affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo in due differenti contesti terapeutici: l’intervento psicoeducativo e la terapia psicomotoria.
Metodica. Sei bambini afferenti ad un Servizio per i disordini dello sviluppo sono stati considerati in questo studio e suddivisi sulla base delle due modalità di trattamento: “Terapia psicomotoria” (n = 3) e “Intervento Psicoeducativo” (n = 3). Abbiamo indagato eventuali differenze di efficacia tra i due approcci nel favorire il processo di apprendimento di nuove attività durante un periodo di trattamento di 8 sedute consecutive. Abbiamo costruito una scala valutativa che misura come parametro principale l’autonomia del bambino nell’esecuzione e nel completamento delle attività proposte. Prima di iniziare il periodo di trattamento e subito dopo la sua conclusione è stata condotta un’ulteriore valutazione delle competenze del bambino attraverso quattro prove del Psycho Educational Profile 3rd edition PEP3 12 .
Risultati. È stata rilevata l’efficacia di entrambi i trattamenti nel raggiungere gli obiettivi stabiliti: i bambini di ambedue i gruppi hanno mostrato progressi nell’apprendimento e miglioramenti nell’autonomia. Un incremento iniziale più rapido delle prestazioni nei bambini sottoposti all’intervento psicoeducativo suggerisce un possibile effetto più immediato sull’apprendimento da parte di questo approccio. La successiva analisi individuale del processo di apprendimento ha permesso di individuare ritmi e modalità personali nell’acquisizione delle competenze e di determinare in quali prove i bambini sono diventati più facilmente autonomi o hanno incontrato maggiori difficoltà.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

ASMA E COMORBIDITÀ NEURO-PSICHIATRICHE IN BAMBINI E ADOLESCENTI: RISULTATI PRELIMINARI DI UNA RICERCA IN PAZIENTI AMBULATORIALI
R.R. Romaniello, B. Gallai, G. Di Cara, G. Mazzotta
L’asma è la malattia infiammatoria cronica più frequente in età pediatrica. L’importanza di tale patologia è legata al forte impatto sulla qualità di vita del minore e della sua famiglia, non solo dal punto di vista economico, per i costi diretti e indiretti, ma anche per le comorbidità e le limitazioni in attività quotidiane, scolastiche ed extrascolastiche. In questi minori sono segnalati disturbi del sonno e del comportamento. La presente ricerca è stata condotta per valutare l’eventuale presenza di disturbi del sonno e di alterazioni comportamentali in minori asmatici, attraverso il confronto tra pazienti con un buon controllo clinico-terapeutico dell’asma e pazienti non controllati. Lo studio è stato condotto su un campione di 28 pz, di cui 11 con asma controllato e 17 con asma non controllato, raggruppati in accordo con i criteri stabiliti dalle linee guida GINA 1 . Ciascun paziente effettuava una visita allergologica, con valutazione clinico-anamnestica ed esecuzione di prick-test e spirometria, e una valutazione psico-patologica, attraverso la compilazione delle scale psicometriche CBCL, CDI e SAFA e del test qualitativo Slee- pLearnPlay. È stata riscontrata una maggiore presenza dei disturbi del sonno nei soggetti asmatici; in particolare nei non controllati c’era un aumento significativo di risvegli notturni (p minore 0,001) e sovraffaticamento mattutino (p minore 0,019). Nel gruppo dei non controllati emerge una compromissione della qualità di vita, con aumento significativo delle assenze scolastiche (p minore 0,05). Dal punto di vista psichiatrico, ansia e depressione sono i disturbi più frequenti, in particolare tra i non controllati (p minore 0,037 nella CBCL e p minore 0,016 nel CDI), mentre non è significativo il dato sui disturbi esternalizzanti.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

LA VALUTAZIONE DEL PROCESSO FORMATIVO DEL TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITÀ DELL’ETÀ EVOLUTIVA
F. Broggi, M. Bomba, F. Neri, S. Oggiano, C. Ricci, R. Nacinovich
Introduzione. Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva deve imparare ad agire in modo consapevole e attento durante la sua attività clinica; è quindi importante una formazione che gli permetta di essere osservato e di potersi osservare nella pratica riabilitativa avendo il feedback di un supervisore esterno. Scopi dello studio sono: stimare l’efficacia dell’intervento formativo all’utilizzo di tecniche comunicative verbali e non nella relazione con il paziente e la validazione della Griglia Osservativa Valutativa NeuroPsicoMotoria (GOV-NPM). Metodi. Allo studio partecipano 43 studenti (40 femmine e 3 maschi del secondo e del terzo anno del Corso di Laurea TNPEE dell’Università Milano Bicocca. Per valutare la concordanza tra rater, è stata effettuata un’analisi di inter-rater reliability sulle GOV-NPM del sottogruppo di 24 soggetti iscritti al primo anno. Lo studio è diviso in 4 tempi. Tempo 0: Ogni soggetto (67) compila la scheda dati sociodemografici. Ogni studente viene valutato dai tutor con la GOV-NPM durante un tirocinio di 45 minuti. Tempo 1 (15 giorni dopo):ogni soggetto (43) partecipa al primo role play, i tutor lo valutano con la GOV-NPM, feedback di gruppo. Tempo 2 (dopo un mese): secondo role play valutato dai tutor con la GOV-NPM, feedback di gruppo. Tempo 3 (dopo 15 giorni): valutazione con la GOV-NPM durante un tirocinio di 45 minuti. Le analisi statistiche utilizzano variabili categoriali in numero e percentuale e variabili continue con medie e deviazioni standard (DS). Per la significatività del test d’ipotesi, viene rifiutata l’ipotesi nulla se il p-value assume un valore inferiore al 5%. Risultati. La scala GOV-NPM mostra una buona consistenza interna e accrescimento delle capacità comunicative tra T0 e T1,T1 e T2,T2 e T3. Discussione. I risultati confermano l’ipotesi iniziale che role-playing e feedback aiutano a formare lo studente ad aumentare le sue capacità di osservazione e comunicazione
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

DISABILITÀ FISICA E DISABILITÀ PSICHICA IN PAZIENTI PEDIATRICI AFFETTI DA MIELOLIPOMA E SPINA BIFIDA: CARATTERISTICHE A CONFRONTO
M. Gatta, S. Zanato, G. Aste, C. Acconcia, P. Drigo
Negli ultimi anni è stata posta molta attenzione alle caratteristiche psico-sociali della vita di soggetti con disabilità. Mentre si evidenziano numerosi studi che hanno indagato tali aspetti nella spina bifida, scarsa è la letteratura sul rischio psicopatologico associato alla patologia da lipoma spinale. L’esperienza di malattia induce nella vita del bambino e della sua famiglia mutamenti psico-affettivi che trasformano il clima emotivo, i ruoli e le dinamiche familiari, e che possono influenzare l’evoluzione del percorso di individuazione-separazione fondamentale per lo sviluppo psichico di ogni individuo. È ipotizzabile che elementi quali la gravità della clinica e la scarsa prevedibilità dell’evoluzione di malattia influenzino lo stato psicologico del soggetto. Il presente lavoro confronta due popolazioni con malattia cronica: il lipoma spinale e la spina bifida aperta, indagando l’esistenza di eventuale sintomatologia psicopatologica e valutando la presenza o meno di correlazione con le condizioni cliniche, utilizzando i dati raccolti dalla somministrazione dei questionari di Achenbach (CBCL) attraverso un’analisi statistica bivariata e un’analisi descrittiva delle caratteristiche cliniche delle due popolazioni. Le due situazioni di malattia cronica analizzate (l’una evolutiva, l’altra più stabile nel suo decorso) manifestano delle differenze nello sviluppo di un possibile rischio psicopatologico, e questo permette di riflettere sulla necessità di una differente presa in carico globale del paziente.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

LA GESTIONE DELLE CRISI EPILETTICHE PROLUNGATE NEL BAMBINO: COSA SAPPIAMO E COSA RIMANE DA APPROFONDIRE?
G. Coppola, E. Beghi, F. Vigevano, R. Michelucci, G. Capovilla, S. Wait
Questo articolo tratta alcune delle questioni riguardanti la gestione di crisi epilettiche prolungate in ambito extraospedaliero. Si definiscono prolungate le crisi epilettiche (singole o subentranti) che durano almeno 5 minuti. Le linee guida esistenti raccomandano il trattamento dopo 5 minuti con benzodiazepine. Tuttavia, tali linee guida si focalizzano principalmente sulla cura in ambito ospedaliero e forniscono poche indicazioni pratiche a caregiver privi di preparazione clinica adeguata ed operanti in ambito extraospedaliero. Anche gli studi pubblicati su questo tema sono pochi. In un sondaggio condotto tra specialisti in epilessia, è stato stimato che una percentuale compresa tra il 20 e il 100% dei bambini con crisi epilettiche prolungate in ambito extraospedaliero viene portata direttamente in ospedale. La limitata comprensione da parte di genitori e altri caregiver della natura delle crisi epilettiche prolungate, dei rischi associati e delle conseguenze di un mancato intervento, oltre alla mancanza di un’adeguata preparazione nella somministrazione di una terapia di urgenza, rimangono ostacoli importanti. Nelle scuole, gli insegnanti non hanno l’obbligo legale di somministrare medicinali ai bambini e le linee guida esistenti per le scuole non dicono chiaramente se il personale scolastico privo di preparazione clinica possa somministrare medicinali ai bambini. Il risultato è una situazione dominata dalla paura e dall’incertezza, che varia in funzione delle risorse e del grado di preparazione disponibili in ciascuna scuola. Gli epilettologi possono svolgere un ruolo importante nel migliorare la situazione, fornendo ai genitori informazioni chiare e aiutandoli a creare gli opportuni contatti con le scuole. Ciò potrebbe aiutare a garantire un trattamento ottimale ai bambini, a prescindere da dove si manifestano le crisi, limitando pertanto il rischio di trattamenti tardivi, ricoveri ospedalieri inappropriati e conseguenze cliniche.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

EPILESSIA NELLE MALATTIE MITOCONDRIALI
G. Abbracciavento, G.M. Di Marzio, M. Mastrangelo, V. Leuzzi
Lo spettro clinico dell’epilessia nelle malattie mitocondriali è estremamente ampio e non sono definibili pattern elettroclinici specifici. Nelle malattie mitocondriali l’e- pilessia si associa spesso ad un coinvolgimento multisistemico ed è caratterizzata da una spiccata farmaco resistenza. Mitocondriopatie associate ad epilessia con quadri clinici peculiari includono: la sindrome di Leigh, la “Myoclonic epilepsy with ragged red fibers” (MERRF), la “Mitochondrial encephalopathy with lactic acidosis and stroke-like events” (MELAS) e la “Mitochondrial spinocerebellar ataxia and epilepsy” (MSCAE). La prognosi di tutte queste forme è infausta e non vi sono terapie risolutive. Per alcune patologie, come il deficit di piruvato deidrogenasi o i deficit della catena respiratoria, sono disponibili possibilità terapeutiche, come la dieta chetogena o i cosiddetti “cocktails multivitaminici”, i cui benefici sono in genere transitori sia sulle crisi epilettiche che sulla prognosi complessiva. Lo scopo di questa revisione è quella di offrire un aggiornamento sui principali studi disponibili oggi in letteratura sulle caratteristiche dell’epilessia nei pazienti pediatrici con malattia mitocondriale.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

RITARDO MENTALE E COMORBIDITÀ: INDAGINE EPIDEMIOLOGICA NEL TRIENNIO 2009-2011 NELL’ASL TERRITORIALE DI TERNI
A. Marchese, G. Mazzotta
Obiettivi. Il ritardo mentale (R.M.) è un quadro clinico spesso in comorbidità con altri disordini psichiatrici, che richiedono una diagnosi autonoma. Nel presente lavoro si è valutata l’incidenza della comorbidità, neurologica e psichiatrica, nei soggetti con R.M. in carico presso un servizio territoriale di un’intera provincia italiana. Metodi. I dati raccolti sono stati ricavati dalle cartelle cliniche dei minori con diagnosi di R.M. seguiti presso l’U.O.C. di Neuropsichiatria Infantile e dell’Età Evolutiva dell’ex ASL 4 dell’Umbria (Provincia di Terni). È stata presa in considerazione l’eventuale comorbidità psichiatrica e neurologica e le diagnosi sono state codificate secondo i criteri di classificazione ICD-10 e DSM-IV-TR. Risultati. Il campione esaminato era costituito da 99 minori afferiti alla U.O.C.”N.P.I.E.E.” nel triennio 2009-2011 affetti da R.M. (età media 9 anni e 7 mesi); in 78 (78,8%) è stata osservata comorbidità con uno o più disturbi psichiatrici e neurologici. Nei 78 soggetti la comorbidità psichiatrica era rappresentata principalmente da disturbi internalizzanti, disturbi esternalizzanti e disturbi dello spettro autistico, quella neurologica da epilessia e da sindromi organiche del S.N.C. Conclusioni. In accordo con quanto riportato nella letteratura internazionale, i nostri dati segnalano la presenza di disordini psichiatrici e neurologici in comorbidità con il R.M. in più della metà del campione studiato. Questo dato sottolinea l’importanza di diagnosticare nei minori con R.M. i disturbi psicopatologici associati, al fine di attivare interventi più mirati.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]

LA SINDROME ALFA-TALASSEMIA RITARDO MENTALE X-LINKED (ATR-X): DESCRIZIONE DI UN NUOVO CASO E REVISIONE DELLA LETTERATURA
A. Errani, S.C. Scaduto, M.R. Tedde, B. Bernardi, M. Santucci
La sindrome alfa-talassemia/ritardo mentale X-linked (ATR-X; OMIM #301040) è caratterizzata da un fenotipo complesso i cui elementi principali sono una gravissima compromissione dello sviluppo psicomotorio, dismorfismi facciali, anomaliedei genitali ed alfa talassemia. La sindrome è una patologia genetica a trasmissione X-linked, causata da mutazione del gene ATRX (OMIM #300032), localizzato sul cromosoma Xq13. Problematiche gastrointestinali, epilessia, disturbi visivi e uditivi possono associarsi al quadro clinico richiedendo uno stretto monitoraggio dei pazienti ed un intervento multidisciplinare. Riportiamo un nuovo caso di sindrome ATR-X giunto alla nostra osservazione nella prima infanzia e seguito fino all’età adolescenziale. La discussione relativa a questo paziente, seguito in un lungo follow-up, permetterà una revisione dei principali dati della letteratura relativi alla sindrome.
[wppb-restrict user_roles=”administrator,translator,subscriber” message=” “]Leggi[/wppb-restrict]