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Introduzione
G.Cioni , A.Ferrari
Questo numero del Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva è completamente dedicato a “Le terapie alternative e complementari nella riabilitazione delle disabilità dello sviluppo”. Negli ultimi anni si è assistito in diverse parti del mondo ed anche nel nostro paese ad un crescente ricorso alla medicina alternativa e complementare (CAM), sia negli adulti che in età evolutiva, soprattutto nell’ambito di disabilità croniche quali le Paralisi Cerebrali Infantili o i Disturbi dello Spettro Autistico. La CAM include un gruppo eterogeneo di terapie mediche, di promozione della salute, di pratiche e di prodotti che non fanno parte della medicina convenzionale e per le quali non ci sono, al momento, evidenze scientifiche che ne provino l’efficacia. La maggior parte di esse si basa su credenze non mediche, od al massimo su effetti supportati da evidenze aneddotiche, e su idee piuttosto inusuali e non provate dalla ricerca sulla biologia delle affezioni alle quali vengono applicate
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Medicina alternativa e complementare nelle disabilità dello sviluppo: defi nizione e metodiche di valutazione
G.Cioni , G. Sgandurra
La medicina alternativa e complementare (CAM) è un gruppo eterogeneo di terapie mediche e di promozione della salute, di pratiche e prodotti che attualmente non fanno parte della medicina convenzionale e per le quali, al momento, non ci sono evidenze scientifiche che ne provino l’efficacia. Molte CAM vengono definite olistiche in quanto prendono in esame l’intera persona negli aspetti fisici, mentali, emotivi e spirituali. La maggior parte di esse si basa su diverse credenze non mediche e sulle migliori evidenze aneddotiche e attualmente idee piuttosto inusuali sulla biologia delle condizioni alle quali vengono applicate. La medicina convenzionale, basata sull’evidenza (EBM), è definita come un coscienzioso, esplicito ed assennato uso delle attuali migliori evidenze nel prendere decisioni sulla cura dei pazienti e si basa sull’integrazione della expertise clinica individuale con le migliori evidenze cliniche disponibili derivanti da una ricerca sistematica. In tale ambito, infatti, vengono effettuate continuamente delle revisioni sistematiche della letteratura ed, attraverso il crescente fiorire di metodiche di valutazione quantitativa dell’efficacy e dell’effectiveness degli studi clinici, vengono fornite delle linee guida per la pratica clinica. Gli studi clinici randomizzati (RCT), condotti secondo criteri ben specifici, sono quelli con maggiore valore scientifico. Negli ultimi anni, in diverse parti del mondo ed anche in Italia, si è assistito ad un crescente ricorso alle CAM oltre che negli adulti anche in età evolutiva, soprattutto nell’ambito delle disabilità croniche quali le Paralisi Cerebrali Infantili. Molti Autori affermano che esiste una incompatibilità strutturale tra RCT, che è proprio dell’approccio scientifico biomedico e CAM, che si basano su filosofie terapeutiche lontane dall’approccio biomedico. Altri Autori, invece, stanno cercando di condurre gli studi sulle CAM secondo la metodologia dell’EBM. Per tali motivi è stato istituito il National Center for Complementary and Alternative Medicine che, in associazione con la Cochrane Collaborations, ha gli obiettivi di formare ricercatori esperti nel campo delle CAM per effettuare degli studi clinici sull’efficacia e sulla sicurezza delle CAM, secondo l’evidenza scientifica, diffondere i risultati e favorire l’integrazione delle CAM efficaci nella pratica della medicina convenzionale. Punto fondamentale per ottenere tali obiettivi è la definizione di misure di outcome appropriate e validate.
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Ricoveri all’estero per neuroriabilitazione in centri di alta specializzazione: confronto tra le realtà regionali italiane
A. Trabacca, L. Russo
Partendo dal presupposto che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) garantisce a tutti i cittadini italiani di poter usufruire, in determinate circostanze, di assistenza sanitaria all’estero, questo lavoro propone un confronto tra le prassi regionali che riguardano la gestione delle richieste di ricovero all’estero nell’ambito della neuroriabilitazione. Il quadro che si ottiene mostra un’alta variabilità sia nella lettura dei dati complessivi (rispetto ai luoghi di destinazione, alla tipologia di trattamento richiesto, al rimborso richiesto, alle patologie di base per le quali è richiesto l’intervento), sia nel confronto tra le prassi utilizzate sul territorio nazionale (per quanto concerne l’andamento delle richieste e delle evasioni delle stesse negli ultimi due anni). Il confronto proposto si basa sulla lettura dei quadri normativi di riferimento delle diverse regioni, sulla lettura dei dati relativi alle richieste di autorizzazione per cure all’estero per neuroriabilitazione depositati c/o il Ministero della Salute per il biennio 2008-2009 e riferiti a tutte le Regioni d’Italia, nonché sulle richieste di autorizzazione per le stesse giunte all’Unità Operativa di Neuroriabilitazione 1 dell’I.R.C.C.S. “E. Medea” di Ostuni (BR), Centro Regionale di Riferimento per la Neuroriabilitazione della Regione Puglia. Viene proposta, in conclusione, una riflessione sulla modalità comunicativa équipe-paziente-famiglia finalizzata alla promozione e al mantenimento di un’efficace alleanza terapeutica
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Prospettive terapeutiche nella Distrofi a muscolare di Duchenne
M. Pane, F. Bianco, G. Vasco, E. Mercuri
Al momento attuale non esiste nessuna terapia disponibile in grado di curare la Distrofia Muscolare di Duchenne. Vengono riportati i progressi più significativi nella ricerca effettuati negli ultimi anni dalle terapie più sperimentali con approcci terapeutici più complessi quali la terapia genica e le cellule staminali, all’impiego di farmaci ‘sintomatici’ usati per cercare di migliorare funzione e forza muscolare, come gli steroidi
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Riflessioni sul metodo Adeli e sulla tuta spaziale
M. Sabbadini
Il metodo, che ha avuto origine in Russia 20 anni fa, è basato su un intervento fisioterapico personalizzato combinato all’impiego di una speciale tuta, derivata da tecnologia spaziale, che sarebbe in grado di ripristinare il trofismo muscolare ed osseo e di educare, attraverso afferenze propriocettive, lo stesso sistema nervoso. La tuta in relazione agli elastici che possiede, favorirebbe il controllo posturale e normalizzerebbe le reazioni patologiche, permettendo la correzione degli schemi motori, compresi quelli per le azioni più complesse. Il metodo Adeli sarebbe applicabile a molte patologie neuromotorie, sia centrali che periferiche, in differenti età e per differenti obiettivi. Completano il programma terapeutico del metodo Adeli terapie manuali, terapie fisiche e biofeedback. La letteratura sul tema è estremamente limitata e non fornisce elementi a sostegno della validità del metodo. Anche in Italia vi sono famiglie interessate al metodo, che periodicamente si recano in Slovacchia per poterlo praticare, godendo del contributo economico delle ASL, nonostante le indicazioni fortemente contrarie espresse in proposito dal Consiglio Superiore di Sanità.
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L’intervento dietetico nei disturbi dello spettro autistico
R. Militerni, A. Frolli, C. Bravaccio
Nel presente articolo viene proposta una sintesi dei lavori attualmente disponibili in letteratura sull’intervento dietetico nei Disturbi dello Spettro Autistico, focalizzata su aspetti riguardanti i presupposti teorici di una dieta priva di glutine e di caseina, gli studi randomizzati e controllati (RCT) reperibili in letteratura e relativi all’efficacia delle diete, la natura dei miglioramenti riferiti dai genitori e le indicazioni pratiche. A partire dagli anni ’60 cominciano a comparire una serie di lavori in cui veniva avanzata l’ipotesi di una relazione fra celiachia e schizofrenia. Tali lavori ipotizzavano che gli individui affetti da schizofrenia fossero portatori di un deficit genetico responsabile di un’anomala metabolizzazione delle proteine del latte (caseina) e del glutine, in grado di determinare un sovraccarico di peptidi nell’organismo. In particolare, la schizofrenia poteva essere ricondotta all’assorbimento di “esorfine” contenute nel glutine e nel latte. Negli anni ’80, Reichelt estese tale ipotesi all’autismo infantile. Secondo l’Autore, il ruolo eziopatogenetico del glutine e della caseina era riferibile a due prodotti metabolici, la gliadorfina e la casomorfina, in grado di interferire sul funzionamento mentale a livello di specifici network. Il ritrovamento di oligopeptidi oppiodi nelle urine di soggetti autistici sembrava confermare tale ipotesi. Tuttavia, i dati di volta in volta chiamati in causa a testimonianza di una relazione etiopatogenetica fra glutine, caseina e autismo non hanno trovato conferma in studi successivi. L’incidenza dell’autismo, infatti, non appare maggiore nei soggetti celiaci rispetto alla popolazione generale, e l’incidenza dei processi infiammatori intestinali nei soggetti autistici non differisce significativamente da quella riscontrabile nel resto della popolazione. Allo stato attuale, quindi, non esistono evidenze utili a definire la cascata di eventi che dall’assunzione del glutine e/o della caseina porterebbe all’insorgenza dell’endofenotipo autistico. In conclusione, considerando che allo stato attuale non esistono “prove” che documentino la causalità eziopatogenetica fra glutine, caseina e fenotipo autistico, il problema delle diete va inscritto in un quadro di ordine più generale che prenda in considerazione aspetti genetici, immunologici e gastroenterologici.
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Ossigenoterapia iperbarica nelle paralisi cerebrali infantili
E. Pagliano, G. Baranello
L’ossigenoterapia iperbarica (OTI) è definita come inalazione di ossigeno puro al 100% all’interno di una camera iperbarica a pressione superiore a quella atmosferica. Tale terapia è riconosciuta per alcune condizioni patologiche quali intossicazione da monossido di carbonio, malattie da decompressione o per trattamento di infezioni quali osteomieliti. L’uso di tale terapia nelle malattie neurologiche ed in particolare nelle paralisi cerebrali infantili è controverso ed è basato sulla teoria di Neubauer secondo la quale in un’area di transizione tra i tessuti danneggiati e il tessuto sano, detta zona penombra, vi sono cellule inattive che potenzialmente possono essere attivate anche dopo anni dal danno ischemico. Secondo tale teoria migliorando la disponibilità di ossigeno libero nel plasma, si riuscirebbe a stimolare le cellule silenti a funzionare normalmente, riattivandole sia dal punto di vista elettrico che metabolico. L’evidenza di risultati in studi condotti su animali e studi basati su modifiche alla SPECT dopo OTI ha motivato le ricerche sull’uomo ma i cambiamenti evidenziati a livello sperimentale sono ancora oggi oggetto di importanti discussioni sia sul reale razionale della terapia sia sulla effettiva non documentata possibile correlazione con cambiamenti clinici e funzionali. Recentemente è stata effettuata una revisione sistematica sull’evidenza rispetto a benefici e eventi avversi della terapia iperbarica nei bambini con paralisi cerebrale : da tale studio emerge che la maggior parte dei lavori descritti in letteratura sono poco significativi; in particolare su 144 studi esaminati solo 6 superano il vaglio di criteri minimi di rigore metodologico e consistono essenzialmente in 2 trial controllati randomizzati e quattro studi osservazionali; la miglior evidenza scientifica proviene dal trial condotto da Collet et al. nel 2001 : si tratta di uno studio randomizzato che ha messo a confronto bambini trattati con terapia iperbarica a 1,75 atm e controlli esposti a aria pressurizzata a 1,3 atm (minima pressione che può essere avvertita dal bambino ma che non produrrebbe alcun effetto clinico: placebo). Tale studio non ha evidenziato differenze significative tra i bambini con PCI sottoposti a terapia iperbarica e i controlli esposti ad una pressione di 1,3 atm. La revisione ha inoltre riportato eventi avversi quali crisi convulsive, pneumotorace, barotraumi a livello orecchio medio, miopia reversibile, ma l’incidenza di tali effetti collaterali è poco chiara. Sulla base di tali dati l’ossigenoterapia iperbarica viene attualmente considerata priva di evidenza scientifica e il suo uso deve essere considerato esclusivamente come compassionevole nell’ambito di una relazione fiduciaria dell’équipe curante con il bambino e la sua famiglia.
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Elettrostimolazione
A.C. Turconi
La terapia con Elettrostimolazione (ES) utilizza correnti a bassa frequenza che producono effetti particolari sui tessuti e in particolare sulle strutture eccitabili (nervi e muscoli). Attraverso questa terapia si ottiene, infatti, una modificazione della percezione dolorifica e un incremento della forza muscolare attraverso l’aumento dell’area della sezione muscolare, con selettivo reclutamento delle fibre II nel muscolo innervato. Abbiamo diversi tipi di elettrostimolazione utilizzabili nella pratica clinica (NMES, FES, TES) diversamente impiegati e utilizzabili non solo sulle patologie periferiche ma anche in quelle di origine centrale. In campo neurologico infantile, le indicazioni della letteratura non sono conclusive a causa dell’esiguità degli studi randomizzati e della variabilità della metodologia applicata. Sembrerebbe esservi comunque più evidenza nel supportare gli studi con NMES. Si può pertanto concludere che il trattamento con ES necessita ancora di ulteriori evidenze che confermino la sua efficacia.
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Metodo Lorenz o FREMS (Frequency Rhythmic electrical modulation System)
A. Cersosimo, N. Battisti
Il metodo Lorenz (FREMS) consiste nell’applicazione di una stimolazione elettrica costituita da sequenze di impulsi elettrici dotati di minima quantità di carica, variabili in frequenza e durata. Questo tipo di stimolazione, attraverso l’azione sui canali ionici di membrana, potrebbe indurre modificazioni funzionali di qualsiasi sistema cellulare/tessutale. Ne viene proposto quindi l’utilizzo nel trattamento di molte patologie croniche (infiammatorie, degenerative, vascolari, ecc.), comprese quelle del sistema nervoso (quali il trattamento della spasticità nella paralisi cerebrale).Gli studi riportati in bibliografia non raggiungono livelli di evidenza significativi in nessuno di questi ambiti
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Fisioterapia ad alta intensità nella paralisi cerebrale infantile
P. Maltoni
Nel trattamento fisioterapico del bambino affetto da paralisi cerebrale infantile (PCI) è molto dibattuta l’efficacia della diversa “intensività” di cura (intesa come durata e frequenza dell’esercizio). L’esistenza di tecniche fisioterapiche che fanno dell’intensità la giustificazione della loro efficacia, spesso indipendentemente dall’età, dal quadro funzionale, dalla fase di stato del bambino rendono sempre più necessario sviluppare linee guida e raccomandazioni utili a chi si occupa scientificamente di trattamento riabilitativo nella PCI. A tal fine la ricerca effettuata nella letteratura internazionale di evidenze relative all’efficacia della diversa intensità di cura, sia come mantenimento a distanza dei risultati di trattamenti intensivi, che in rapporto a variabili quali età, stato funzionale del bambino e uso di altri strumenti terapeutici (tossina botulinica o chirurgia ortopedica funzionale) ha fornito poche evidenze, ma esistono comunque molti elementi suggestivi della necessità di ulteriori approfondimenti
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Il metodo MAXI MOVE
E. Occhi
Intorno agli anni 60, di pari passo con l’aumento dell’incidenza della paralisi cerebrale infantile conseguente alla maggiore sopravvivenza di molti neonati prematuri e/o con lesioni del sistema nervoso, sono andate affermandosi una miriade di tecniche riabilitative (metodi) provenienti da tutte le parti del mondo, con l’intento di promuovere uno sviluppo normale. Le proposte avanzate in quegli anni dalla Professoressa Lotz (metodo MAXI MOVE) riflettono le filosofie allora dominanti sul significato dell’intervento terapeutico e le ancora limitate conoscenze sulla natura del difetto e sui possibili meccanismi di recupero dopo lesione cerebrale. La paralisi cerebrale, considerata allora per lo più come un difetto ortopedico di origine neurologica, viene affrontata con una “aggressione” alla periferia, basata essenzialmente sul rinforzo muscolare, sul massaggio, sull’allenamento alla resistenza. Scarsa, o nulla, attenzione viene rivolta ai problemi intenzionali, ai problemi percettivi e relazionali, al contesto familiare e sociale. L’importanza dei farmaci, della chirurgia funzionale e degli ausili quali strumenti per incrementare i livelli di autonomia è completamente trascurata. I risultati riportati dall’applicazione del metodo, stando al parere dell’Autrice, sembrerebbero decisamente positivi (“Muscles can be rehabilitated without a hitch and in a very short time,”. “It allows a patient like Terri Schiavo-Schindler to speak and laugh again”). Mancano però studi oggettivi sui risultati dell’applicazione del metodo (EBM). Oggi, alla luce delle nuove conoscenze derivanti dalle scienze di base (neurofisiologia, neurobiologia, neuropsicologia, biomeccanica, ecc.) e da studi rigorosi riguardanti l’efficacia della fisioterapia, stiamo arrivando al superamento dei “metodi” ed alla proposta di una metodologia che sposti l’attenzione dalla correzione del difetto “secondo l’illusione emendativa” alla promozione della funzione, dell’autonomia, del benessere e della partecipazione..
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Musicoterapia: applicazioni, evidenze, prospettive
E. Fazzi, F. Tansini , A. Alessandrini
Il termine musica, definita come l’arte che esprime per mezzo dei suoni i diversi sentimenti dell’animo, può avere una doppia valenza, scientifica e artistica. Il suono musicale, elaborato a livello corticale con coinvolgimento globale del sistema nervoso e delle funzioni psichiche, ha ripercussioni non solo a livello emotivo, ma anche fisico, cognitivo, relazionale e sociale. Oggi coesistono più musicoterapie, accomunate dall’utilizzo razionale dell’elemento sonoro per promuovere il benessere dell’intera persona. Esistono diversi campi d’applicazione, da quello della salute, come prevenzione, riabilitazione e sostegno, a quello del benessere, al fine di migliorare l’equilibrio e l’armonia psico-fisici. In età evolutiva riguardano soprattutto l’autismo, la prematurità, le malattie terminali, la sordità, i disturbi del linguaggio e dell’apprendimento e i problemi di comportamento. Quando non siamo in presenza di una patologia, diventa occasione di crescita dell’autostima personale e di gruppo, opportunità di ascolto e di espressione. La musicoterapia di tipo psicoterapeutico cerca di aprire attraverso il suono, la musica e il movimento, dei canali di comunicazione nel mondo interno dell’individuo, utilizzando un codice alternativo rispetto a quello verbale, basato sul principio dell’Identità Sonora Individuale. Seguendo questo principio, la musica potrà avere un effetto terapeutico solo se il tempo musicale coincide con quello mentale del paziente, dato dalla sommatoria di tutti gli elementi musicali che sono stati appresi fin dal concepimento. I musicoterapeuti utilizzano diverse tecniche d’intervento, attive e ricettive, in particolare il canto, gli strumenti musicali, le attività ritmiche, l’improvvisazione, la composizione e l’ascolto. Un particolare utilizzo terapeutico della musica si basa sul Metodo Tomatis, disciplina che promuove la funzione d’ascolto introducendo una dimensione psicologica e utilizza un apparecchio definito Orecchio Elettronico. Le relazioni tra musicoterapia, fisiologia e neuroscienze sono però ancora da sviluppare. È accertato che l’input musicale agisce non solo sul Sistema Nervoso Centrale, ma anche sul circuito emozionale; tuttavia è necessario e auspicabile integrare i contributi delle musicologie con le neuroscienze, al fine di arricchirne le basi scientifiche e definire nuovi modelli applicativi comuni
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Terapia con onde d’urto
A. Marucco
Le onde d’urto sono onde acustiche con una elevata pressione di picco, di breve durata, con rapido innalzamento della pressione. Possono essere focalizzate o defocalizzate con diversa capacità di penetrazione nei tessuti e di area di azione. Si riconoscono effetti biologici diretti, dovuti all’impatto pressorio sui tessuti ed effetti indiretti, per alterazione della permeabilità delle membrane cellulari e in minor misura del citoscheletro, mitocondri e nucleo con effetto antiinfiammatorio e antidolorifico. Le casistiche sino ad oggi pubblicate sembrano indicare una diminuzione dell’ipertonia del muscolo spastico, fino a 4 settimane dopo il trattamento con onde focalizzate, con ipotesi di inibizione degli alfa motoneuroni. Tuttavia dato il ridotto numero di pazienti analizzati, la variabilità delle forme cliniche di paralisi cerebrale incluse e la non omogeneità nel tipo di onde utilizzate sono indispensabili studi mirati per emettere un giudizio sulla validità della terapia
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L’agopuntura nell’ambito del trattamento delle disabilità dello sviluppo
G. Tarditi
Dopo una breve descrizione sulle indicazioni dell’agopuntura in generale, su cui esiste una amplissima documentazione scientifica, vengono esposti i risultati della rassegna della letteratura sulla sua validità, efficacia e sicurezza nell’ambito delle disabilità dello sviluppo e in particolare delle paralisi cerebrali infantili. Sono stati selezionati undici lavori che comprendono revisioni della letteratura effettuata da ricercatori cinesi su pubblicazioni cinesi, lavori di Autori cinesi che utilizzano scale di valutazione e metodologie di ricerca locali o occidentali e infine pubblicazioni di ricercatori occidentali che utilizzano strumenti metodologici e di valutazione occidentali. La conclusione è che, allo stato attuale, non è facile arrivare a delle conclusioni in merito all’agopuntura nel trattamento delle paralisi cerebrali infantili in quanto, se da un lato la maggior parte dei lavori si esprime favorevolmente per questo tipo di trattamento, dall’altro le poche ricerche svolte in modo rigoroso sono molto caute nell’esprimere un giudizio di validità
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Il metodo Doman
A. Ferrari, S. Alboresi
Nel panorama della riabilitazione infantile, il metodo Doman ha occupato e continua ad occupare un ruolo di primo piano. Le ragioni di questo successo sono legate soprattutto ai messaggi che Doman ha saputo indirizzare ai genitori ai quali ha parlato apertamente di possibilità di miglioramento, se non di piena guarigione. Per giudicare onestamente la veridicità delle affermazioni di Doman, è giusto confrontarle con quanto le neuroscienze sostenevano ai tempi in cui Doman scriveva le sue proposte. Molte ricerche avvenute all’epoca o successivamente hanno confutato le affermazioni di Doman sulla quantità e qualità del recupero, dimostrandone l’infondatezza dei presupposti e delle procedure. Poche sono state le voci a favore e tutte su settori limitati del linguaggio. Le famiglie che nonostante i tanti giudizi negativi espressi sul metodo volessero praticare comunque la cura Doman, attratte per lo più dalla concretezza dei percorsi terapeutici in termini di quantità, progressione e durata, riceverebbero risposte economiche difformi nelle diverse regioni italiane per una differente legislazione regionale
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Terapie effettuate con l’ausilio di animali
G. Scuccimarra
Le terapie effettuate con l’ausilio di animali hanno ricevuto crescenti attenzioni come terapie di supporto per la cura di numerose disabilità dell’età evolutiva. Le basi scientifiche degli interventi assistiti dagli animali tuttavia sono ancora poco definite e ricerche future sono necessarie. In questo documento vengono affrontate le principali questioni di carattere scientifico e legislativo relative al loro impiego nell’ambito della riabilitazione dei disturbi dello sviluppo.
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