Vol. 29 N. 1 Aprile 2009

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Editoriale
Roberto Militerni
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La nascita dei Servizi di Neuropsichiatria Infantile e Adolescenziale: dagli interventi riabilitativi e di inclusione sociale per l’handicap alla tutela della salute mentale in età evolutiva
F. Nardocci
Si trattano i temi dello sviluppo dei servizi di neuropsichiatria infantile e adolescenziale a partire dai primi processi per la deistituzionalizzazione infantile proseguiti poi attraverso gli interventi riabilitativi e di inclusione sociale per l’handicap. Si affrontano poi i temi che hanno portato all’evoluzione dei servizi per rispondere ai bisogni crescenti di salute psichica e poi di tutela del benessere mentale in età evolutiva. Viene infine fornito un quadro della situazione organizzativa dei servizi di neuropsichiatria infantile e adolescenziale a livello nazionale e delle diverse realtà regionali.
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Disturbi Condotta Alimentare di tipo restrittivo e sintomi depressivi in età evolutiva
F. Salerno, S. Pisano, T. Salvati, A. Franzese, C. Zuppaldi, A. Gritti
Obiettivo. lo studio è finalizzato a stimare la presenza di sintomi depressivi nei disturbi della Condotta alimentare di tipo restrittivo (dCa-r) in soggetti in età evolutiva e ad approfondire la correlazione tra la componente depressiva e la condotta alimentare. Materiali e metodi. il campione è composto da 55 SS. (F 78,2%; M 21,8%), eM 12aa e 5m., BMi medio15,92, affetti da dCa-r. la ricerca è stata condotta mediante scale standardizzate per i dCa (CheaT/eaT) e per i sintomi depressivi (Cdi/CBCl-PrF). i dati ottenuti sono stati sottoposti ad uno studio di correlazione con il test di Pearson. Risultati. alla Cdi il 26,8% dei SS superavano il cutoff di 19 ed alla CBCl-PrF (Intenalizzazione) il 65,7% dei SS era nel range clinico (punteggio medio 70,75). È stata riscontrata una tendenza alla relazione positiva tra depressione e dCa per tutti gli indici esplorati ad eccezione della relazione inversa Cdi vs. BMi. Conclusioni. la ricerca conferma l’associazione tra sintomi depressivi e dCa-r in età evolutiva in circa un terzo del nostro campione. i dati suggeriscono che depressione, restrizione alimentare e disagio per l’immagine corporea sono correlati.
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Comorbidità psichiatrica e profilo temperamentale in un campione di bambini e adolescenti con cefalea di tipo emicranico e cefalea di tipo tensivo
E. Lucarelli, A. Presicci, P. Lecce, M. Lafortezza, A.L. Lamanna, G.F. Scornavacca, L. Margari
Obiettivo. Nel presente studio abbiamo esaminato un campione di bambini e adolescenti affetti da cefalea primaria, ricercando comorbidità psichiatrica e caratteristiche temperamentali, con l’intento di individuare specifiche associazioni tra tipo di cefalea e comorbidità psichiatrica e tra tipo di cefalea e tratti temperamentali. Materiali e metodi. La casistica comprende 52 pazienti (29 con emicrania e 23 con cefalea tensiva), afferiti all’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile di Bari. La fase diagnostica ha previsto esami clinico-strumentali e valutazione psichica, quest’ultima è stata effettuata con colloqui clinici e somministrazione di protocolli diagnostici standardizzati. L’analisi statistica è stata eseguita utilizzando l’analisi delle varianze (ANOVA). Risultati. La comorbidità psichiatrica era presente nel 30% dei casi ed era rappresentata da disturbi d’ansia (27%) e disturbi depressivi (3%); la distribuzione nei singoli tipi di cefalea mostrava una maggiore presenza di patologia psichiatrica nei bambini con cefalea tensiva. È emersa un’elevata associazione tra cefalea e disturbi internalizzanti e la presenza di un profilo temperamentale caratteristico dei pazienti cefalalgici. Conclusioni. La comorbidità psichiatrica è rappresentata prevalentemente da disturbi internalizzanti ed è maggiormente presente nei pazienti affetti da cefalea tensiva. È ipotizzabile che cefalea, ansia e depressione possano rappresentare un continuum neuropsicopatologico sotteso dagli stessi fattori eziopatogenetici.
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Sintomi sociali e sintomi non-sociali nel disturbo autistico: caratteristiche clinico-evolutive
R. Militerni, C. Bravaccio, A. Di Dona, A. Frolli, G. Militerni
Obiettivi. Il concetto di “spettro autistico” presenta elementi di indiscutibile utilità clinica, in relazione alla notevole variabilità della sintomatologia autistica, che può andare da situazioni di lieve compromissione funzionale a situazioni in cui il funzionamento adattivo del soggetto è particolarmente compromesso. Va, tuttavia, considerato che l’estrema eterogeneità delle situazioni incluse sotto l’unica etichetta di disturbi dello spettro autistico (DSA) incide negativamente sulla possibilità di realizzare ricerche attendibili, valide e, soprattutto, replicabili, finalizzate a definire aspetti epidemiologici, clinico-evolutivi e neurobiologici del disturbo autistico. In particolare, all’interno dei DSA sembrano configurarsi due cluster sintomatologici alquanto diversificati: i sintomi “sociali” e i sintomi “non-sociali”. Una serie di dati emersi da svariate ricerche sembrano conferire a questi due cluster un’autonomia clinico-patogenetica. Lo scopo del presente lavoro è valutare l’evoluzione nel tempo dei sintomi “sociali” e dei sintomi “nonsociali”. Metodi. Lo studio è stato condotto su un gruppo di pazienti giunti ad osservazione presso il Servizio di Neuropsichiatria Infantile della Seconda Università di Napoli. I criteri di inclusione sono stati i seguenti: 1) diagnosi di Autismo basata sui criteri del DSM-IV-TR ed integrata da strumenti di valutazione standardizzata (ADI-R, ADOS e CARS); 2) età alla prima diagnosi inclusa fra i 20 e i 40 mesi; 3) assenza di condizioni mediche associate e/o di co-morbidità con altri quadri neuropsichiatrici; 4) disponibilità di un follow-up della durata di almeno 3 anni. Sulla base di tali criteri il campione è risultato costituito da 24 soggetti. Sono stati quindi presi in considerazione i punteggi delle tre dimensioni dell’ADI-R (Interazione Sociale = IS; Comunicazione = Com; Comportamenti Ripetitivi = CR) per valutare il loro andamento nel corso dell’osservazione longitudinale. In particolare: all’inizio dello studio (età media = 28 mesi), all’età di 4 anni e alla fine dello studio (età media = 5;9 anni). Risultati. Nel corso del tempo le traiettorie dei sintomi autistici ha presentato sensibili differenze a carico dei tre diversi domini valutati con l’ADI-R. Mentre nelle aree della IS e della Com, i punteggi medi hanno presentato una riduzione statisticamente significativa, nell’area dei CR i punteggi medi sono aumentati nel corso del tempo. Conclusioni. L’interesse di valutare separatamente i due cluster sintomatologici rappresentati dai comportamenti “sociali” e “non-sociali” emerge da una serie di dati clinico-evolutivi. In particolare: (1) i sintomi “non-sociali” sono presenti fin dalle prime fasi di sviluppo (spesso sotto forma di Disturbi della Regolazione) e precedono la comparsa dei sintomi “sociali”; (2) i sintomi “non-sociali”, a differenza dei sintomi “sociali”, presentano una maggiore continuità nel tempo. I comportamenti rigidi, ripetitivi e stereotipati, infatti, si modificano nei contenuti ma non nella forma, configurando un funzionamento mentale atipico, il funzionamento mentale di tipo autistico, che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo vitale. Essi, cioè, pur modificandosi, persistono nel tempo, anche quando i sintomi “sociali” si attenuano o comunque divengono poco influenti sul funzionamento adattivo generale; (3) i modelli di funzionamento mentale suggeriti in letteratura quale base interpretativa delle caratteristiche cliniche dei disturbi autistici (Teoria della Mente, Funzioni Esecutive e Coerenza Centrale) non risultano ugualmente adattabili ai vari tipi di sintomi. In particolare, un deficit della Teoria della Mente sembra spiegare in maniera convincente i sintomi “sociali”, mentre un deficit delle Funzioni Esecutive o una debolezza della Coerenza Centrale appaiono maggiormente convincenti per spiegare il comportamento disorganizzato del soggetto autistico: un comportamento che appartiene alla componente “nonsociale” del disturbo; (4) i sintomi non-sociali possono fornire utili indicazioni per la lettura di possibili meccanismi etiopatogenetici.
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Growth hormone deficiency: psychological adjustment from adolescence to young adulthood
A. Officioso, G. Griso, T. Lettiero, M. Cerbone, N. Improda, M. Salerno
Obiettivi. Studi clinici sulle conseguenze comportamentali in adulti affetti da deficit dell’ormone della crescita (GHD) ad insorgenza infantile indicano che il GHD è strettamente associato ad una serie di disturbi psicologici quali depressione ed ansietà che si manifestano con isolamento sociale, difficoltà scolastiche e lavorative. Lo scopo di questo studio è stato valutare gli adattamenti psicologici che intercorrono in adolescenti e giovani adulti affetti da GHD. Metodi. Trenta pazienti in terapia con GH, di età compresa tra 10 e 20 anni, sono stati valutati attraverso un questionario strutturato sul linguaggio e la struttura del corpo, il test del disegno della figura umana, un questionario per ansia e depressione e il Maudsley Obsessional-Compulsive Inventory (MOCI). I pazienti sono stati divisi in 2 gruppi, adolescenti (età 10-16 anni) e giovani adulti (età 16,5-20 anni). Trenta soggetti sani appaiati per età e sesso erano usati come controlli. Risultati. I pazienti con GHD mostravano un livello d’ansia compreso nei valori medi per l’età (adolescenti 47,4 ± 8,6 percentile e giovani adulti 60,2 ± 5,2 percentile) che, tuttavia risultava significativamente più elevato rispettoa quello dei controlli sani (adolescenti 19,1 ± 5,5 percentile P < 0,01; giovani adulti 42,2 ± 4,7 percentile, P < 0,02). Un analogo andamento emergeva per quanto riguarda il livello di depressione, i giovani adulti avevano infatti un punteggio al questionario (66,1 ± 7,3 percentile) più elevato sia rispetto agli adolescenti con GHD (22,7 ± 5,4 percentile, P = 0,0003) che rispetto ai giovani adulti sani (19,3 ± 8,4 percentile, P = 0,001). Gli adattamenti psicologici emersi da tutti i test psicologici utilizzati mostravano un persistente ed eccessivo “controllo” nei pazienti con GHD, adolescenti e giovani adulti, rispetto ai controlli sani. Il punteggio totale al MOCI (15,9 ± 1,5 negli adolescenti e 15,2 ± 1,1 nei giovani adulti con GHD) era significativamente più alto rispetto ai controlli sani (7,1 ± 0,8, P < 0,0001 e 9,4 ± 0,9, P = 0,0003 rispettivamente), indicando un lieve tratto compulsivo. Conclusioni. I pazienti con ghd possono sviluppare disturbi psicologici durante l’adolescenza e/o il periodo di transizione. Pertanto un sostegno psicologico dovrebbe essere offerto a tutti i pazienti con GHD fin dall’infanzia per prepararli ad un trattamento medico che potrebbe durare tutta la vita.
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Modelli concettuali di disabilità e riabilitazione
G. Scuccimarra
Negli ultimi tre decenni l’esigenza di elaborare una cornice concettuale per definire il disablement ha portato alla formulazione di diversi modelli esplicativi. in questo lungo periodo di tempo i due principali costrutti di riferimento sono stati il modello proposto da Nagi nei primi anni ’60 ed il modello dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OmS) proposto nel 1980. La nuova revisione del modello dell’OmS – classificazione internazionale del Funzionamento, Disabilità e Salute (icF) –, pubblicata nel 2001, costituisce un modo innovativo di concepire la salute e le malattie. L’icF per le sue caratteristiche può rappresentare il modello operativo di riferimento per tutta la pratica riabilitativa. in questa review vengono discussi questi aspetti e delineate le principali caratteristiche dei modelli concettuali proposti fino ad oggi.
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Late-onset Panayiotopoulos syndrome: a case report
A. Bartocci, M. Elia, R. Ferri, C. Tiacci, G. Perticoni
La sindrome di Panayiotopoulos è un’epilessia benigna del lobo occipitale, ormai ben conosciuta, che generalmente inizia all’età di 3-6 anni. L’esordio più tardivo di questa sindrome epilettica è poco comune. Riportiamo qui le caratteristiche cliniche ed elettroencefalografiche di una ragazza con una tipica sindrome di Panayiotopoulos esordita all’età di 13 anni.
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Malformazione artero-venosa dei gangli basali associata al deficit d’attenzione e/o iperattività
F. D’Amico, M. Marino, G. Militerni, M. Polizzi, A. Gritti, C. Bravaccio
Le malformazioni artero-venose (MAV) sono lesioni congenite dovute ad un’anomalia di sviluppo del sistema vascolare embrionale, caratterizzate da una comunicazione diretta, patologica, tra arterie e vene. La genesi è rintracciabile in una differenziazione aberrante del mesoderma durante lo sviluppo embrionale. Gli Autori segnalano il caso di un soggetto di sesso maschile di 11 anni con una asintomatica malformazione artero-venosa dei gangli basali associata al deficit d’Attenzione e/o Iperattività (ADHD)
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Attività della Sezione Scientifica di Neurologia dell’Età Evolutiva della SINPIA
A.Costantino
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